martedì 16 novembre 2010

I gemiti dei poeti

i poeti sono come la poesia
nascosti nell'ombra del significato
di una parola inesistente

come quel Dio
dato alla luce
dalle bombe dell'amore
di un verbo
che è non essendo
eppure viene
all'atto
nell'invisibiltà
d'uno strale di luce
raggomitalato fra i versi
ingenui
di una creatura innocente

inconsapevole
come i poeti
della potenza e del clangore
di quel gemito
poetico

Cullare madreperla

Dove finiremo,
dove finiremo,
dove finiremo?

Il debito pubblico contratto nell'ignoranza
spalmato come sabbie mobili sulle tue tenute d'ebano

E d'ebano è il volto infilato in vuote conversazioni
sui chi di destra e di sinistra

eppure il tuo cuore è tuo non è scisso dalle simmetrie politiche

E viaggiare viaggiare e star sempre immobili
gravati da mutui di situazioni imperscrutabili
crepuscoli di stimoli, di idoli e ti isoli
nel villaggio inglobante.

Portami portami con il tuo cullare
fra le tette della divinità a suggere

sorgerò e tornerò fra le stelle a vincere
madreperle enormi i tuoi seni troppo veri
per essere veri

Portami portami con il tuo cullare
via nell'orgasmo via nella madreperla
per la madre degli dei che sei tu
prima vergine e ora demone
frutto
del mio seme, o gesù.

giovedì 21 ottobre 2010

Colazione ore 8

Che già uno alla mattina ha la testa in conflitto col resto del corpo, e allora ti trovi ammucchiato insieme ad altre miriadi di scimmie parlanti alla ricerca convulsa di consumare la colazione al bar. La multinazionale del cornetto ci obbliga a questa dieta mattutina, tutti in fila con le uniformi naziste da impiegati, manager o quadri; ovvero in tuta, con lo zaino in spalla e l'invicta coi libri universitari, tutti uguali e relegati in un cubicolo a ordinare, costretti a palleggiare fra la cassa e il bancone, destra sinistra, vai chiedi, fai lo scontrino vai di là a scegliere perchè ancora non sai cosa vuoi, torni indietro, paghi con qualche spiccio o i buoni pasto.

Serve a qualcosa, la colazione al bar? Detestabile consuetudine detta dalla Compagnia del caffè. A passo d'oca scivoliamo nella routine del caffè: macchiato, senza macchia e paura, corretto, incorreggibile; marocchino nonostante il nostro razzismo latente, poco convinti quando pronunciamo quella parola evocatrice di semafori e ambulanti.

La mattina continuiamo a rimbalzare, zucchero-zucchero di canna-dietetico-senza zucchero e al via le prime battute dettate dal senso comune. E continuiamo a finanziare la multinazionale del consumo a furia di croissant, brioches, cornetti crema-cioccolato-nutella-marmellata, occhi di bue, ventagli; o peggio tramezzini con ogni ben di Dio, panini imbottiti, pizzette, rustici... il dietologo impazzisce al nostro contatto telepatico e intanto con 60 centesimi ci togliamo lo sfizio, mentre l'80% del pianeta preferisce contenersi suggendo latte macchiato da sangue e carestia.

E io intorpidito ancora dalle ore notturne, ridacchio e lascio smorfie di disappunto, mentre la giostra della colazione procede imperterrita, ultimo spiraglio di libertà prima di otto ore di relazioni, riunioni, fra cravatte e giacche di fustagno.

Un colpo alla spalla mi desta dalla visione di dolore per questo carillon senza fine: "Prendi un caffè?" -

"No grazie- rispondo con tono solenne -ho smesso".

sabato 18 settembre 2010

omaggio a montale

spesso il male di vivere ho incontrato

era la catena degli astanti in fila ai centri commerciali

era l'aria chiusa a chiave dei sogni

nel cassetto, il terzo per la precisione

sotto il tavolo dell'ufficio, a sinistra

della serie di matite temperate alla perfezione.

Era la fuga di ibrahimovic e dei novelli mercenari

stretti intorno come cravatte alla gola

di provocanti messinscene.

era lei quando tutto intorno il demone
dell'incomprensione andava dalla prima puttana
a farmi strada per un piacere veloce da
10 euro in bocca.

mercoledì 28 aprile 2010

O'ode a eto'o


Rischio il palindromo
osannando l'eburneo
gladiator ch'al cielo arrise

perlato di sudore
e scolpito nell'ebano
viaggia e vaga
il camerunense che sorride
il volto d'un paese oscuro
imbiancato nel suo smile perlato
a noi gradito

Samuel, colui che giudica
la corsa e la gazzella
la coscia tesa a fletter nel vuoto
scalciando sfere inconsuete
umile nei suoi errori
godereccio nelle vittorie
e pur sempre nero
e come l'africa indomito
nella sua impotenza

e che sia ricoperto
di vestigia avverse
nulla importa
al cuore e alla fede mia
poichè la passione
sorride
e fa rima con eto'o.

domenica 18 aprile 2010

Delitti e deliri

camminare
avanti e indietro
strada che entra dai piedi
un passo sicuro davanti
quello di una promessa
che si svolge lungo i sentieri
curva dopo curva
carburatore è la sera prima
fuoco vino e chitarre sconosciute
delitti e deliri
i primi a far svanire
l'etimologia del fear
e gli altri necessari
ad argomentare
la follia di vite insieme
non prima o dopo
ma nell'ora sempre e comunque.

lunedì 12 aprile 2010

Vacillare

Vacillano le viscere
orpelli d'emozioni instabili
trasandati giubilei
di momenti
in cui l'essere è artefice
e tutto il mondo sta a guardare
altrove

Vacillano le viscere
evirano i prepotenti massacri
falliche speranze
di non ritorno
mentre il calore prosegue
a destinare lieto
l'otto per mille all'unione evangelica

Sacro vacillare
resta qui con me perchè è già
il tempo e l'ora
di fuggire alla distanza
e sebbene il vacillare sia
l'orbita in cui muoversi sereno

io non vacillo
nell'attimo della tempesta
ergendomi mozzo
su coffe troppo esili
per destare sicurezza
a marinai sprovvisti
dell'occhio visionario
incapace di sognare
eppure pronto all'agguato
di prede che
vacillando nelle viscere
divorano sguardi atroci
consci di non infierire
perchè le promesse
sono estensioni di verità
non troppo lontane

mercoledì 7 aprile 2010

Amores Perros

Oggi c'è il sole fra le mie pisciate
le unghie ricresciute
corse a perdifiato
ma dopo che la terra ha tremato
dov'erano le tue carezze
e le tue grida
e la tua ansia che più inisistevi
e più non mangiavo
orridi croccantini

dov'erano i tuoi piedi da odorare
fin dalle prime luci
il letto vuoto
tornerai come al solito
la mia coda si agiterà a frusta
a spazzare via quel torbido odore
di sangue morto, di quel luogo
che ti rapisce ogni mese

tornerà a farmi da cuccia
la forma scomposta sul letto
questa volta di cosa saprà
stanchezza e cellule in putrefazione
ma perchè oggi
la terra ha tremato
io non ho latrato
per non svegliare
quello sporco cinghiale
che grugniva oscuro
all'ombra dei tuoi giorni migliori.

martedì 6 aprile 2010

Mentre la terra trema io dormivo col mio cane

Mentre la terra trema
io dormivo col mio cane
dicono che lo sentano prima
le bestie
l'arrivo infuriato della morte
che sconquassa il suolo.

Ma mentre la terra trema
io dormivo col mio cane
e nessuno ha ululato
"fra due mesi morirai"

Perchè mentre la terra trema
io dormivo col mio cane
che ha perso tutte le unghie
per ogni giorno lontano in ospedale
scavando forse una fossa immaginaria
da cui ripescare le ossa
ma la terra trema
e le ossa si confondono

per cui torna a dormire
mio cane.

giovedì 25 marzo 2010

Il tappo delle promesse

Non so cosa siano le scuse
ignorando il peccato
e la colpa
non conoscendo affatto
la dignità delle parole.

Avverto indegnamente
la dignità delle persone
avendone smarrito il possesso,
cremata dall'energia
rinchiusa in meno di mezzo quintale.

E non serve più
l'importanza desunta da storie
che come un carciofo
vado a spogliare delle superflue foglie di vanità

suggo l'amaro calice interprete
di distillate dolcezze
osservando il sacro mistico cuore
di quell'ombra posata
fra gli scarti

fra gli sguardi
solo uno sarà degno di indossarmi
quello imbarcato su una nave di promesse
registrato sui diari imbevuti
di birre scure

tu hai il tappo
che vieta alla mia isola
la ricerca incessante
dell'oscura solitudine
fuori da noi.

venerdì 19 marzo 2010

Un amante, folle come un diamante.

e non conoscersi mai
nè riconoscersi età sbiadite
gabbie dorate
anagrafiche e incessanti barriere
a mostrare padri nel passato
fantasmi oramai persi.

e come conoscersi e pretendere
di avere mai una fitta corrispondenza
con l'essenza di me stesso.

Nelle foto arricciate
il bianco e nero tinge l'incapacità
di afferrarsi
quello che eri dov'è svanito?
impresso in una pellicola
che altro non è
se non l'identità della vittima
sacrificata al passaggio di Crono

Padre e figlio non saranno mai
una sintesi
ma l'ennesimo frutto della dialettica di Dio
del terribile non poter essere
tutto in uno
del conflitto fra logos e sostanza
chi è cosa?
prima e dopo, nulla.

Tutto rimane insoluto, siamo e non siamo
eppure nel prisma la luce si coglie
dissoluta e indissoluta.

Eccomi dunque a non esser genitore
ma bersaglio di risa lontante,
un perfetto straniero, martire e leggenda,
agitato reietto di serate di gala,
profeta in preda a spasmi
e visioni irrealizzabili,
pittore, pifferaio
ma soprattutto e sempre
prigioniero
pronto a risplendere-

un amante,
folle come
un diamante

venerdì 5 marzo 2010

canto di protesta numero 1

Ai burattini nelle ciminiere
dipinti da un ordine costituito
dalle cravatte ormai rese corde
lordo di sangue pure il vestito
stirate al caldo da madri futili
gonfie d'orgoglio dal petto al pianto
per tutti voi già rotondi canto
il gusto amaro del buon lavoro

quando le bocche son piene di merda
e a tutti vien detto che quello è oro

indignate malelingue
dalle scarpe già adatte alle bare
lucidate da polsini stretti
come fossero calici nuziali
la sofferenza per voi è nel dare
ordine a chi non ne vuol sapere
di star lì a spalare sentenze
iniziando dove han finito loro

quando le bocche son piene di merda
e a tutti vien detto che quello è oro

inquilini di giurie
troppo lontane dal fatto accaduto
testimoni di sentenze
barattate per un aiuto
le mani lavate ben bene
dalla certezza che non sono loro
i complici iniqui di un potere
conquistato senza decoro

quando le mani son sporche di merda
immerse nel sangue diventano oro

strilloni senza voce
in ogni angolo di cimitero
le croci sparate sul petto
ad ogni glorioso ingenuo mistero
occhi sgranati come rosari
da dita prive di qualunque fede
invocati da troppe preghiere
che sembran muggiti d'un vitello d'oro

le mani giunte e sporche di merda
immerse nel sangue diventano oro

venerdì 26 febbraio 2010

Utero

Più del cuore e degli altri organi vitali
così inflazionati io per te sarò
l'utero
l'utero che ti fa donna, l'utero così unico e posto al centro
del tuo universo
così pregno del desiderio di accogliere, ricevere e donare
orgasmi e vita
e così io sarò
il tuo utero
ribelle alle ragioni mensili
martire di femminilità e lussurioso inganno
in fibrillazione per ogni tuo gesto
e pronto a farmi inondare
dai turbamenti dei tuoi rifiuti
eccomi sarò un utero
voglioso di sguardi e di parlare
le infinite lingue del piacere

martedì 26 gennaio 2010

Capelli

io sono quei capelli
modellati dai venti di crisi
cambiando l'aspetto
di quel volto la vita
quando i colpi di forbici
assetati gridano incessanti
zac zac
e ad ogni ricrescita puntuale
non perdono altro
che la loro lunghezza
morta una punta se ne fa un'altra
percorsi da tinte colori ed hennè
quasi a simulare altre esistenze
biondo o blu cobalto
sono quei capelli violenti
fragile e indissolubile presenza
di una vita sopra i pensieri
delineo profili instabili
separato da scriminature per pochi attimi
incosciente ordino alla mano mia serva
di arruffare in un'anarchica manovra
ogni bulbo che racchiude le mie radici

sono quei capelli radi o eternamente
ricci
avvolti fra loro incuranti
dei denti volgari
aguzzini d'un pettine
che li vuole tutti in riga colpo dopo colpo
bruciare in campi di concentramento
mentre il sole estivo prova a scolorarli
ma non mi lascio ossigenare
perchè io sono quei capelli sporchi
di un selvatico ardire
che resiste alla violenza
piegandosi solo
al folle passaggio di brillantine
rock'n'roll lucente
e alla tua mano preziosa
che nel passaggio furtivo
dona quiete
a me quei capelli che a differenza dei tuoi
bramano le dita e il disordine
di una voluttà oscura