giovedì 25 marzo 2010

Il tappo delle promesse

Non so cosa siano le scuse
ignorando il peccato
e la colpa
non conoscendo affatto
la dignità delle parole.

Avverto indegnamente
la dignità delle persone
avendone smarrito il possesso,
cremata dall'energia
rinchiusa in meno di mezzo quintale.

E non serve più
l'importanza desunta da storie
che come un carciofo
vado a spogliare delle superflue foglie di vanità

suggo l'amaro calice interprete
di distillate dolcezze
osservando il sacro mistico cuore
di quell'ombra posata
fra gli scarti

fra gli sguardi
solo uno sarà degno di indossarmi
quello imbarcato su una nave di promesse
registrato sui diari imbevuti
di birre scure

tu hai il tappo
che vieta alla mia isola
la ricerca incessante
dell'oscura solitudine
fuori da noi.

venerdì 19 marzo 2010

Un amante, folle come un diamante.

e non conoscersi mai
nè riconoscersi età sbiadite
gabbie dorate
anagrafiche e incessanti barriere
a mostrare padri nel passato
fantasmi oramai persi.

e come conoscersi e pretendere
di avere mai una fitta corrispondenza
con l'essenza di me stesso.

Nelle foto arricciate
il bianco e nero tinge l'incapacità
di afferrarsi
quello che eri dov'è svanito?
impresso in una pellicola
che altro non è
se non l'identità della vittima
sacrificata al passaggio di Crono

Padre e figlio non saranno mai
una sintesi
ma l'ennesimo frutto della dialettica di Dio
del terribile non poter essere
tutto in uno
del conflitto fra logos e sostanza
chi è cosa?
prima e dopo, nulla.

Tutto rimane insoluto, siamo e non siamo
eppure nel prisma la luce si coglie
dissoluta e indissoluta.

Eccomi dunque a non esser genitore
ma bersaglio di risa lontante,
un perfetto straniero, martire e leggenda,
agitato reietto di serate di gala,
profeta in preda a spasmi
e visioni irrealizzabili,
pittore, pifferaio
ma soprattutto e sempre
prigioniero
pronto a risplendere-

un amante,
folle come
un diamante

venerdì 5 marzo 2010

canto di protesta numero 1

Ai burattini nelle ciminiere
dipinti da un ordine costituito
dalle cravatte ormai rese corde
lordo di sangue pure il vestito
stirate al caldo da madri futili
gonfie d'orgoglio dal petto al pianto
per tutti voi già rotondi canto
il gusto amaro del buon lavoro

quando le bocche son piene di merda
e a tutti vien detto che quello è oro

indignate malelingue
dalle scarpe già adatte alle bare
lucidate da polsini stretti
come fossero calici nuziali
la sofferenza per voi è nel dare
ordine a chi non ne vuol sapere
di star lì a spalare sentenze
iniziando dove han finito loro

quando le bocche son piene di merda
e a tutti vien detto che quello è oro

inquilini di giurie
troppo lontane dal fatto accaduto
testimoni di sentenze
barattate per un aiuto
le mani lavate ben bene
dalla certezza che non sono loro
i complici iniqui di un potere
conquistato senza decoro

quando le mani son sporche di merda
immerse nel sangue diventano oro

strilloni senza voce
in ogni angolo di cimitero
le croci sparate sul petto
ad ogni glorioso ingenuo mistero
occhi sgranati come rosari
da dita prive di qualunque fede
invocati da troppe preghiere
che sembran muggiti d'un vitello d'oro

le mani giunte e sporche di merda
immerse nel sangue diventano oro