lunedì 28 dicembre 2009

Non sarai mai un fulmine americano

Scorgere la vita
come degli anelli in un quadro deforme
pulsare, repellere, respirare odiando
spingere e partorire

cogliere la presenza nell'istante
di un chiassoso silenzio
in cui big bang attira a sè
esplodendo esistenze.

e io, te e noi, gonfi di vita
a chi rivolgeremo le nostre preghiere invano?
senti, soffia
il fragoroso silenzio del qui e ora
di me e te che non siamo
fulmini neri e presidenti
ma equazioni dissolute
e insolute nell'ebrezza del momento

troveremo altrove questa vita
che ci separa dal me e te,
succederà presto e anche io
riesco a scorgere il nostro saturno
del quadro magico delle nostre vite di ieri

prova a chiamarlo
e scoccherà la sua ora
amore incarnato della vita,
uscito da un riverbero di giochi di luce
calandosi fra diottrie e percezioni
la cui unica certezza
è di ritrovarsi dietro sguardi
portatori di esistenze.

E non sarai mai quel fulmine americano
perchè per te e noi
scariche minute di elettricità
la vita è contesa
entro margini di inusitata armonia
dovuta a semplici emozioni
gratuite, bevute e mangiate
consumate su letti di isole sperdute
nel qui e ora e il tempo
si dimentica di fondersi alla vita
lasciandoci liberi
verso l'incomprensibile terza fase

giovedì 3 dicembre 2009

Annunciazioni

non di tenera lana il tuo manto
sovrapposto al tuo corpo lontano
la tua donna qui intona un lamento
minacciata da un volto profano

nel bagliore di un gelido inverno
condannato da false tradizioni
messaggero le porti il tuo inferno
confondendo i cattivi coi buoni

la notizia di un corpo che nasce
in un corpo che a stento già cresce
mentre un padre nessuno conosce
fra le cosce forse un'insinuazione

che di carne son fatti anche gli dei
e giuseppe tu un uomo ignorante
pascolavi il tuo legno vibrante
mentre nudo restava il tuo cuore

assonnato lui attenta al tuo mondo
lo straniero con la ciotola in mano
elemosina un pasto e tua moglie
che confonde fra il sacro e il profano

che di un angelo porta l'annuncio
quando il cielo si è sparso la voce
infinite albe d'azzurro immaturo
tingono un seme che sboccerà in croce

e tu uomo dal manto deserto
con la donna già gonfia nel ventre
nel tuo pianto non chiudere il cuore
a una storia che ha ucciso il presente

giovedì 12 novembre 2009

Figlio tutto questo un domani sarà tuo

Figlio
tutto questo un domani sarà tuo

saranno tue le ossessioni per le indulgenze, soffritte in nidi d'api
gli scandali passati per dovere
e i doveri che ti rendono uomo, seviziati da scandali

Figlio
dall'alto del mio indiscusso senso di stupore
tutto questo un domani sarà tuo

la follia irragionevole di progressi troppo fieri
per mostrarsi nella loro lurida verità senza scampo
oli e petroli
vittime e carnefici
che non saprai mai riconoscere
finchè vedrai in ognuno di essi solo uomo

Figlio
dietro l'uomo c'è una bestia
che ti raccoglierà quando vorrai volare
gettandoti da templi d'adamantio
materia del mio spirito

Figlio
tutto questo un giorno sarà tuo
ma pazienta
a tuffarti nel brodo di un flusso di pensieri assordanti
tubi catodici e schermi al plasma
fotti e piangi è tutto un piangi e fotti e piatti fondi
allestiti per cenoni
e più mangi e più piangi

Figlio sarà tua la carne di uomini e vacche
nutriti di loro mentre il mondo muore
tac tac disumano conto alla rovescia
mentre stupriamo Demetra
a colpi di Plutone e plutonio

Figlio un domani tutto questo sarà tuo
ma pazienta
mi evirerò per tempo e tu
sarai sepolto nel mio membro
e sotto l'ombra di quel fiore
canteremo eunuchi con gioia poesie
musicando sterili
la vita eterna

lunedì 9 novembre 2009

Licantropia

Non del vampiro dal fascinoso magnetismo immortale
immorale succhiatore d'anime e sangue
freddo, calcolatore a nutrirsi di corpi troppo umani
per essere scellerati

Piuttosto del lupo è la mia natura
e la ricerca di odori mi è di prova
un fiuto assorbente chimiche invisibili e
aromi fin troppo perturbatori di
quell'umanità finora raggelata dallo splendore
di luna dopo luna

Non di sangue dunque si nutre la mia fame
ma dalle viscere è il richiamo a quella tua energia

Fuori dal branco ogni caccia sopisco
nell'agghiacciante ululato solitario a te rivolto
Straccia il bagliore pallido ogni residua e anonima
veste di mortale
conduce alla preda insolita:
il vagare ultimo che fra le nevi
circondato da carnivore rimembranze
giace sereno al suo sguardo sottile.

mercoledì 28 ottobre 2009

Luna nuova

Hai visto la luna? sarà la stessa in India e
a Bangalore dove tutto si purifica
estremo dazio di ogni umano sfruttare quell'alone
fra il mistico e il mistero
di un bagno proibito a tuffarsi nella verginea entità lunare
che più è gonfia e più è donna
succube di maree di cobalto
Nell'infermità d'una fessura malcelata eccomi
ad ingombrare l'ennesima nuova luna
perchè in novembre anche i morti risusciteranno a cantare
la velleità fatta divenire
e da complesse relazioni sovrumane
mi libero e spingo oltre
dove la pienezza di te comprime svanendo
l'aggressività di lupi un tempo desolati
divoratori di femminili chiome

giovedì 15 ottobre 2009

L'amore come quei barboni

Io e te e fra di noi l'amore come quei barboni
in cerca d'un cartone, un guanto sia rosso o verde o nero
un posto fisso o una dimora per riposare stanchi
di giornate troppo lunghe e assonnate le orecchie chiuse
da ipod troppo intimi per essere ascoltati come i nostri discorsi assurdi
e le finte frasi compiacenti
e i seni spenti allacciati alla rinfusa
ma dammi almeno 3 euro per un sogno, un amore vagabondo
fra gli odori acri di asfalti segreti
sotto ponti cullati dai treni io te e fra di noi l'amore
come un barbone
senza età identità gonfio solo
di passione

sabato 26 settembre 2009

Hai da vede' er mi padre

Ispirata dalle 4 "p" più importanti della mia esistenza: Papà e PierPaoloPasolini

Dedicata a tutti i ragazzi di vita che resistono





hai da vedè mmi padre co le calzole corte o mejo ancora cor costumino paro paro a come me immaggino li regazzetti de cui ce parlotte pasolini.
nun zia mai che giù all'acquacetosa mentre coreva co l'amichi o giocava colla mazza a beseboll fosse passato er sommo poeta e l'avesse visti aricchiappasse e corese incontro a fa la lotta, e magari jà spirato no li pensieri zozzi, semmai quei versi sommi che solo lui, urtimo dell'urtimi intellettuali de noantri, no de quelli co la puzza sotto er naso, che mo li chiamerebbi "radicalscic!" NO! lui urtimo dell'urtimi passanno pe quei prati do poi hanno fatto o scempio de caccialli via pe facce li campi sportivi all'olimpionici, che poi sti regazzetti ndo saranno iti a finì, sballottati qua e là da li parioli zozzi.

nun je fregava ncazzo der benito o ceghevara, ar massimo roma ellazzio ma giusto la domenica ar pomeriggio, se mai ciaverno quarche radio pe' sentì a partità. e grazie ar cielo pure si sapevano scrive poco, nun scrivevano mai co quelle sigle come la peggio ggioventu che mo' usa le cappa.

e dunque dicevo hai da vede mi padre co l'amici, co sta camiciona e le calzole corte o er costumino pe'ccampi, disgrazziati loro e pure i campi, e nun c'era mica er doping, corevano se nfrattavano e via affà botte come li cagnetti attenti a fasse male quanto abbasta, no co le parole co l'insulti come a noi nevrotici,, no co le rivortelle, co le mano.

hai da vedello mi padre a core su ste foto in bianchennero me lo vedo lì pe na roma oramai defunta sotto li palazzinari, si, manco pare lui mi padre senza un filo de quer grasso, a core senza penzà ar lavoro, fottuto lavoro che te ncatena co la palla de ciccia ar corpo, fottuto.
hai da vedello perchè nun so com'era e non sia mai era come er riccietto, nun ce lo so popo vedè senza li panni a chiappà le rane e poi via a tuffasse ar tevere, e io a pensa anvidiallo che simme tuffo prendo la tangenziale lì all'acqua cetosa, ndo pure er bar francesca ha cambiato de ggestione.

e dunque te dicevo hai da vedello e ngiorno te la farò vedè se sei curioso sta foto, perchè io nun ce posso pensà che era de quelli, de quelli ancora intatti e poi l'ha rovinati sta modernità, pierpaolo pure te t'ha rovinato e te sei morto ggiovane o quasi e lui e l'altri regazzetti come er tevere svotati de purezza fatti sfocià nell'anni 70 senza boom, costretti a fasse na famija e na casa e a vomità pensando a quei campi.

hai da vede mi padre pure li capelli ciaveva e mo so annati via co li pensieri de libbertà, attaccandosi a quarche cuscino coll'illusione de vive morbidi, e io che nun iò mai visto quann'erano scuri e tutti appiccicati che gridavano forte "esticazzi der barsamo!" però come ce tenevano a pettinasse pe piasse li sguardi de le pischelle.

hai da vede mi padre core verso li treni a mette li serci sui binari, che ora si ttavvicini te danno la pena cappitale, hai da vede' senza le firme cucite sui vestiti che mmo pure li pezzenti vanno in giro firmati, che la signora va alla caritas ie lascia tutto e se pulisce er pensiero der terzo monno.

hai da vede si lo voi come soride, perchè nummelo ricordavo più com'era fatto ma mo ce penso e simme specchio ogni tanto esce quer sogghigno che me vie da dì "affanculo, so ragazzo de vita!" e speramo eterna signoreiddio, e fammelo uscì sempre sto soriso che ogni vvorta che lo vedete ciavete da pensà che è er suo come questo stampato su sta foto sbiadita.

hai da vede mi padre regazzino come ride, che io null'ho visto mai ma c'era là in fonno e mo pure si se l'è portato nella bara, quer soriso me sta a strigne nello stomaco e nun me stanca mai.

giovedì 10 settembre 2009

Il cielo in una stronza

Quando sei qui con me / questa stanza non ha più paresi / le hai rubate tutte per i tuoi sorrisi di circostanza/ che implorano subdoli di schiantarmi contro alberi / alberi infiniti chiaramente cipressi / e il figlio della tua predilezione per me / mi sembra un orfano che stride.

venerdì 17 luglio 2009

La ballata dell'evoluzione

Mio figlio si lamenta è in depressione,
la ragazza, il motorino, nessuna emozione
e ripenso ai miei problemi in estinzione
la paura di due calci ad un pallone

Il concetto di problema si sposa
all'attaccamento alla vita

mio padre i suoi problemi il lavoro
la pensione il mutuo l'affitto i miei ritardi
mio nonno altri problemi la campagna
il sole il grano il raccolto il vino vecchio

e ancora più su il padre di mio nonno
la guerra resistere o morire
il freddo le trincee il re la paura
dei figli che non sopravvivono l'inverno

il concetto di problema che si sposa
all'attaccamento alla vita

Trisavoli accaniti coi borboni
e più su ancora stati generali
la zappa e poi contare solo terra
la neve il freddo e sputi alle persone

ai tempi dell'america frantumarsi le mani
costruire muri ai signori ai padroni
e giù botte, ignorare leggere e scrivere
e i sentimenti ad esso legati

e il concetto di problema che si sposa
all'attaccamento alle persone

medioevo servitù e un dio immorale
finirà il mondo le reliquie e la prigione
peste vita breve bestemmie in strani idiomi
la storia non è certo un'opinione

imparare uno strumento o a pitturare
senza arte non divido un camicione
il freddo la pioggia il fango bagnato
e la febbre di carrozze in processione

e il concetto di problema che si sposa
all'attaccamento al ballo d'un veglione

i romani gli egiziani non ci sono
solo un uomo che respira e non fa odore
i minuti che si contan con il sole
poi la luna per le donne in soggezione

non c'è tempo per morire col pensiero
se la vita scorre fra le dita di uno schiavo
il colera poi il vesuvio o il dio plutone
con la morte sempre a un tiro di cannone

e il concetto di problema che si sposa
all'attaccamento alle persone

primitivo senza utensili o casacche
vivo il freddo vivo il caldo e quella morte
che ogni giorno bussa senza che io veda
nella grotta l'ombra di una depressione

se ami vivere la vita e la sua morte
senza accorgerti di un nudo senza autore
rovinando la tua pelle nel dolore
per sparire con la mente dentro al cuore

del concetto che il problema è nella sposa
che si attacca alla mentalità del clone

mercoledì 17 giugno 2009

Abbà padre

Abbà
Padre
perchè mi hai abbandonato, che ho finito di lavorare
e non c'è un cane che ti regali un po' di tempo
o una cagna a cui pensare
con cui cucire quell'autostima
altro me ignorato dai burloni, dai traffichini dell'anima
dai combattenti divorati dal tempo.
La falce sulla terra, il volto trasfigurato
una malattia che porti da bambino
ha divorato il tuo bambino mascherato
portandoti via da madri parenti e amici.
I mali di un'anima pia, piantonata dai mastini del malessere
una campagna evirata da rivoluzioni urbane, ennesimo pasolini
violentato dal consumo.
Anima mia, ludica e luddista, abbandonati a quegli occhi
riversi dal dolore
morfeo o morfine, l'ultimo addio mentre il sole viene
salutando la luna che piena della tua anima
si avvolge fra i monti, destinata a scomparire
nella mattina che mai mattina sarà.

martedì 12 maggio 2009

L'odore del Maggio che finisce

Non so descrivere in prosa la mia vita
attorno all'odore del maggio che finisce
è lì che iniziava, 
mentre i crepuscoli si allungavano sulle chiese e quell'odore
affacciava una esistenza concentrata sui rosari e le madonne
sulle piccole gonne in comunione
durante la visitazione, la mia visitazione e l'odore
del maggio che fiorisce assorbendo via lo studio e gli ultimi istanti di scuola
nella penombra le mie amate sconosciute
le urla delle piccole donne e i silenzi della Madonna
sulla piccola libertà vigilata
madri alla finestra in dolce ansia di te che cresci
abbandonando le Marievergini in azzurro
la terra secca, su di lei solo odore del Maggio
i polmoni intossicati dalla liberazione illusoria
che da lì a pochi anni chiamerete ferie
mentre si esce che fa buio tardi quando arriva la fine del Maggio
l'unico grano che cresce in città sono i giovani amori
fra i cortili le pie donne e mozziconi di candele
consumate ad ogni ave maria il coro insegue 
i pensieri dei bambini che fuggono come piccole ninfe
dal satiro predatore, il bagliore oscuro del maggio in fiore

giovedì 30 aprile 2009

Il tempo

il turbinio e il rotore della forza motrice la vita
interrotto dallo sparo 
e noi da vittime in quell'attimo cogliamo il primo grande bang
e mentre tutto si dissolve il tempo E'
ciò che intuivamo
l'assurdo fluire fra il qui e l'ora fra il mai e il sempre
costretto in un prisma, la nostra esistenza che nel corpo
la mente conduce a cogliere atti, presenze, azioni
che altro non sono
se non l'altro da me in me e il me nell'altro
a ricondurre ogni immagine a mio simbolo.
E in te il senso lo diamo io in quel fluire 
infinito
che senso alcuno non ha se non
il tastare l'inopportuno ardire
di un dito a farsi essere umano,
di un granello a ergersi a padrone
mentre la volontà sorride sghemba attraversando universi
di quella assurda tentazione di ergersi
da primate a monolite
libero interprete di congiunzioni astrali l'uomo
vietandosi all'umile gioco delle parti
assume solo una postura illuminata da un dio, da un sole da un pianeta
che solo e sconfitto non gli resta altro
di divorarsi, lui vittima e canefice, padre e figlio
crono e sua stirpe
cannibalizzandosi muore afflitto.
Unica risurrezione è
nel deserto apparire, fuggendo maiali spogli di vita
evocando assenti leggi
solo

lunedì 30 marzo 2009

Mentre i partiti si diluiscono io e te nel letto

due mani a velo sul mio corpo e poi forti
le braccia

mentre i partiti si diluiscono io e te nel letto
ma chi o cosa siamo nell'economia sociale?
 strappiamo le pagine di marx a morsi
 un capitale di menzogne
per menti insane
sopra di noi l'ennesimo crocifisso da parete ci guarda
 vinciamo in tre la morte
 mentre l'amore ricopre cariche impensabili
 in quel grido che squarcia i cieli
dio mio dio mio perchè non mi abbandoni pensavo
 e perchè non m'abbandono io
 per essere te in te
 così precisamente solo un grido e poi il silenzio
 prosciugato del piacere
 disperso con le montagne sacre di calzini spaiati è lì l'amore
voluto un attimo mentre i cortei raggirano
sulla strada ancora sulla strada
a vendere miseria e tormenti
vestiti da mercanti
 usura
 signoraggio dell'anima
 financo le budella tremano
 naso adunco dell'umanità
 l'uncino del macellaio
 e dopo un giro sfilo le coperte e dal buio
esce la luce di lui l'amore, disperso per la strada 
mentre faccio musica con una banda di campagna
 una scatola d'altri tempi s'apre a "Sorpresa!"
 c'è una nota verde nel tuo cuore

mercoledì 11 febbraio 2009

La scomparsa

Non appartenendo
scompaio, non vissuto dall'apparente.
Mi ergo ad altro da me
consapevole di nulla,
lasciando l'esistenza al dubbio
oblio da me questa terra
domandando amore
evanescente evaporo
nella notte dei turbamenti
dimentico di me, dimenticato dal fato.

martedì 13 gennaio 2009

Diaframma

Che se poffà / di questa vita disadorna mentre tu niente / violi l'asfalto coi calci rotanti / e ingrandisci ogni senso d'insensatezza / rompendo la tristezza della mia tristezza con uscite infelici 
Cogliti, renditi, redditi zero / mentre i mutui salgono tu mi compatisci / eppure milioni di calze a rete non faranno mai la mia fortuna
La crisi tu dici la crisi / ma il vero problema è che mentre troppi ascoltano Ligabue / dimenticano i Diaframma accesi sul mio unico stereo afono / tutti gli altri lasciano il diaframma aperto a fotografare ricordi / e chi ha scordato il diaframma / piange su ecografie scadenti / dominate da figli inaspettati intercettati male 
E proseguo indaffarato senza colpire / scolpito nell'ignoranza delle malattie incurabili in cui la vita / lascia il posto a un risentimento contro ogni Dio